Rintocchi di campana...
Il marzo 2011 rimarrà nel cuore di tutto il mondo
come il mese dei grandi lutti per disastri naturali in Giappone, Nuova
Zelanda, Brasile e per la guerra in Libia. In Mozambico abbiamo seguito,
attraverso la televisione, questi tragici eventi e rivissuto le
esperienze di morte e di dolore strascico della nostra lunga guerra
civile e dell’alluvione del 2000.
Per lenire tanto dolore, il vescovo ha convocato i
cristiani ad una Messa di suffragio in Cattedrale, invitando le
ambasciate e i cittadini dei Paesi colpiti a partecipare alla preghiera.
Anche se era un lunedì sera, la chiesa si era
riempita. Nelle prime file, le ambasciate dei vari paesi, poi molti
giapponesi che vestiti a lutto, composti, erano entrati silenziosi e
rispettosi.
suor Dalmazia con l'arcivescovo dom Francisco
Sul fondo dell’altare spiccavano le bandiere dei
Paesi in lutto. Il coro cantava a voce piena, con quella sensibilità
unica che hanno gli africani di fronte alla morte. Alla fine della
messa, prima della benedizione, ha parlato un cristiano, poi a nome di
tutti, l’ambasciatore giapponese, con voce commossa, ringraziando nel
suo stentato portoghese. Per il momento della benedizione, gli accoliti
hanno preso le bandiere e tenendole a mezz’asta si sono posti ai lati
del celebrante. In un profondo silenzio, l’arcivescovo mons. Francisco
Chimoio ha dato la benedizione solenne, seguita da un silenzio ancor più
intenso. Aspettavamo l’invito conclusivo di ogni messa: “Andate in
pace...” quando, in quell’atmosfera sospesa ha rimbombato doloroso, il
rintocco della campana a martello... ritmando così il lungo, lunghissimo
minuto di silenzio che ci ha fatto sentire il dramma della terra che
trema, il boato degli scoppi, l’avanzare inarrestabile dell’acqua
devastatrice... Infine gli ultimi tre tocchi di campana “diversi”,
“argentini “ difficili da descrivere: lacrime per i bambini che non ci
sono più o speranza di risurrezione?
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la cattedrale di Maputo
interno della Cattedrale di Maputo |
“Era carcerato e mi avete visitato...”
Quando mi è stato chiesto se ero disponibile ad
andare, una volta alla settimana ad insegnare cucito nella “Cadeia
Civil”, la prigione civile, alle recluse, non ho avuto un attimo di
esitazione. Proprio in quei giorni avevo meditato il passo del Vangelo
dove Gesù dice: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e
mi avete dato da bere... ero carcerato e mi avete visitato” (Matteo 25,
31-46), ed esaminandomi mi sono resa conto che solo saltuariamente
avevo visitato i carcerati.
Come non ringraziare il Signore per un’opportunità
così grande?
Non senza emozione, con due volontarie della
parrocchia, ho varcato la soglia della Cadeia Civil, portando un piccolo
trolley dove avevo messo tutto l’occorrente per iniziare la scuola di
taglio e cucito per neonati bambini, da me elaborato negli anni
“italiani” e, senza troppo formalità ci siamo trovate di fronte 25
“ragazze”, due delle quali avevano con sé il figlioletto che dormiva
sulle loro spalle. Mi sono presentata, poi aperto i “miei tesori”,
distribuito il materiale didattico: un quaderno, la riga, la matita, la
biro, la carta, la gomma, un temperino, nonché filo, ago, il manuale, il
centimetro da sarta e uno rettangolo di stoffa per i primi punti di
sondaggio. Qualcuna sapeva maneggiare l’ago, altre no, qualcuna sapeva
scrivere, altre no... Con i numeri se la cavavano quasi tutte. Dopo
due ore, tutte avevano cucito, scritto il nome e tutte sentivamo che
era nato un rapporto di amicizia. Dimenticavo: la scuola di taglio e
cucito avviene sotto una bella tettoia, dove c’è un lungo tavolo attorno
al quale c’è posto per tutte. Ci siamo lasciate con un arrivederci e un
canto alla Madonna.
anche le vecchie macchine da cucire son utili...
La volta seguente, siamo entrate nel vivo delle
lezioni di taglio, scegliendo come primo capo da realizzare le mutandine
per bimbi. Divise in gruppi, ho spiegato e poi tracciato insieme il
rettangolo di base, le righe di appoggio, il tracciato... e su carta di
giornale simulato il taglio di un paio di mutandine in stoffa. Chi
l’avrebbe mai detto che ciò che più le ha entusiasmato è stato il
“compito” da fare a casa... : rifare il modello, con altre misure,
aiutandosi l’un l’altra. Nella terza lezione... tutte hanno tagliato le
mutandine su stoffa e le più svelte me l’hanno quasi cucite.
Un particolare: non posso dare loro il compito di
cucire... è proibito lasciar loro l’ago!
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copertina del libro di taglio e cucito
dolcezza di mamma
il primo modello |
"Eccomi Signore"
Così hanno risposto cinque giovani ragazze che,
durante la Messa celebrata in una piccola cappella del noviziato delle
Figlie del Cuore Immacolato di Maria, le suore mozambicane della diocesi
di Pemba, si sono sentite chiamare per nome dal celebrante che chiedeva
loro se davvero volevano intraprendere il cammino di consacrarsi a Dio.
La formula è stata ripetuta ogni volta e ad ognuna
è stato chiesto di pronunciarsi e di fare un passo in avanti... accanto
al celebrante, Mons. P. Joaquim Cornelio Mwitu, vescovo emerito di Pemba (fu il mio
vescovo negli anni Ottanta), Madre Magda, la superiora generale che
avevo lasciato novizia e due “antiche combattenti”, ... come sono
chiamate qui le religiose che hanno lavorato in missione nell’epoca
terribile della guerra civile: suor Isabel (la figlia della prima
coppia cristiana maconde di tutta la diocesi) ed io.
Davanti all’altare vi
erano adagiati due cuscini, pronti per l'altro momento della
cerimonia, quello, dopo la comunione, quando sono state chiamate per nome due
Novizie, pronte per la Professione, alle quali è stato dato il Mandato
missionario: andare nelle lontanissime missioni al Nord del Mozambico,
nel Niassa, una a Maua, l’altra a Marrupa, con le Missionarie della
Consolata, per “misurare” la loro disponibilità a concretizzare un
giorno, come le
altre cinque, quell’“eccomi Signore”, forti dell' aver vissuto sul campo la
propria consacrazione a Dio e ai fratelli.
Con loro, noi “antiche combattenti” abbiamo detto,
“eccomi Signore” e ci siamo abbracciate.
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