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Onda peruviana

numero 23 – marzo 2014

 Pinocchio in ospedale

Murales in pediatria

 

Una volta ho visitato Vernante, un paese vicino a Cuneo, che ha tutte le facciate delle case dipinte con le avventure del famosissimo burattino Pinocchio di Carlo Collodi. Ricordo che questo dava un tono di vivacità e di serenità a tutti.

Perché non realizzare la stessa cosa nell’Ospedale Seguro di Huacho, per dare gioia e speranza ai bambini della pediatria? Onestamente devo dire che l’idea non è uscita dalla mia fantasia, ma da quella di due infermiere che volevano fare un Natale diverso per i loro piccoli ammalati e, sullo slancio, migliorare l’ambiente, rendendolo più accogliente. Dice un proverbio che “Dal dire al fare c’è di mezzo il mare”, invece alla fine tutto si è realizzato in tre mesi. I racconti celebri per i bambini corrono per il mondo trasmettendo messaggi positivi, con allegria. “Biancaneve e i sette nani”, “Cappuccetto rosso”, “La Sirenetta”, “I tre porcellini”, “La bella addormentata nel bosco” e “Cenerentola” hanno piccoli fans di tutti i colori e di tutte le lingue. Ora si sono trasformati in eleganti murales, plastificati e adesivi che, con i loro vivaci colori, abbelliscono un lungo corridoio e la sala giochi di pediatria, che accoglie una quindicina di bambini che provengono dalla stessa città o dalle lontane e altissime montagne di 5000 metri, ricche di miniere di rame, argento e oro.

Non poteva mancare l’italianissimo Pinocchio (qui conosciuto come pinocio!) mentre il papà Geppetto colora il famoso naso allungabile.

Il murales più lungo (sette metri per tre) è quello dedicato al messaggio di fede e carità con il lato destro per Gesù, circondato da bambini, mentre due arcobaleni si appoggiano al pozzo della felicità per arrivare al lato sinistro dove il disegnatore mi ha appiccicato con un sombrero in testa e un bambino che mi si stringe ai fianchi con  tutto  il suo spontaneo affetto.

 

 

L'idea è di Maria

Già ho visto mamme con i bambini in braccio che percorrono il corridoio spiegando con pazienza e dolcezza le bellissime storie, sillabando anche le frasi scritte sotto ad ogni murale come quella che dice: “Il miglior profumo è quello del pane, il miglior sapore è quello del sale e il migliore amore è quello dei bambini”.

La coordinazione tra infermiere, disegnatore, stampatore e qualche euro italiano degli amici ha fatto questo piccolo miracolo, come una nuova medicina per bambini, quella del sorriso e della bontà.

Vernante, i murales di Pinocchio

Pinocio c´è

 

alzabandiera all'Ospedale

Due tortorelle

Ho un piccolo giardino, pochi metri quadrati, sufficiente per tre piante di banane, una vite senza uva, una pianta di papaia altissima e una stupenda palma in continua crescita. L’erba resta verde con l’acqua del rubinetto e non più di 150 gocce che cadono dal cielo nell’arco di un anno!

Da un mese mi fanno compagnia due tortorelle che pizzicano qua e là qualche insetto, beccano i fiori delle papaie e si divertono tra di loro con cinguettii dolcissimi.

Tra i rami della papaia

Tranquille tortorelle

Massimo + tre 

 Alcune notizie o sensazioni ti colpiscono di più se le ascolti viaggiando sui mezzi pubblici. In taxi un signore mi dice: “Padre, se lei è di Milano, conoscerà un certo Mazzìmo...”. Beh, Milano è grande...”. “Sa, quel giovane ‘padrecito’ che si sposò con una ragazza di qua, è un po’ che non lo vedo, una gran brava persona”. “Adesso capisco, sì, Massimo Merli, mio amico, un laico missionario di Milano, non è un ’padrecito’ (un prete), è venuto con me in Perù, si è innamorato di Pilar, si è sposato e ora è tornato in Italia con due bambini”. Mentre scendo dal taxi, quasi mi grida dietro: “Mi raccomando, se lo vede, me lo saluti tanto, sono quello che riparava la sua televisione!”. Tutto serve per favorire rapporti umani.

Mille e mille volte hanno chiamato Massimo con il termine ‘padrecito’, scambiandolo per un missionario per il suo modo di fare verso poveri, bambini, giovani e le immancabili vecchiette. Meno paziente quando era alla guida della camionetta e si vedeva sorpassato da destra e da sinistra al di fuori di ogni regola.

La sua “specialità” era la colazione della domenica mattina tra le casupole di bambù spuntate sulle dune del deserto, flagellate dalla brezza del vicinissimo oceano. Era lì che ha portato i suoi giovani e anche tutti gli amici turisti per distribuire a piccoli e grandi una tazza di tè caldo, un pane ricco di vitamine, un momento di socializzazione e soprattutto la sua presenza attenta a tutti i problemi locali. Ho un rammarico: non sono mai stato con lui durante queste “storiche colazioni” perché l’orario coincideva con la Messa in Cattedrale.

La domenica mattina

Per me un’altra sua “specialità” è stata quella di metter su famiglia con naturalezza, senza chiudersi in casa, riuscendo non solo a coinvolgere sua moglie Pilar nel progetto missionario, ma anche educando i suoi figli piccolissimi a essere già seminatori di luce, con gli occhi grandi di Stefano e i denti bianchissimi di Letizia.

     

Occhi di Stefano                                         Letizia, sorriso al primo dente

Anche per la terza “specialità”, quella della gioventù, ha speso tante energie nel saper trasmettere lo spirito degli oratori milanesi con stile peruviano, dalle riuscitissime “vacanze utili”, al doposcuola, una piccola libreria, momenti di musica, conversazioni su temi religiosi e morali e l’uso delle moderne reti sociali per comunicare con gruppi sparsi nell’immenso territorio della Diocesi.

Oratorio di Massimo

Sono passati sei anni e la data del 18 gennaio 2014 resterà nella storia della famiglia Merli-Chamorro, composta da Massimo, Pilar e i due piccoli Stefano e Letizia. Da Huacho a Velasca di Vimercate è un bel salto, nelle braccia della Provvidenza. Il piccolo Stefano di tre anni già ha detto a tutti che ha due nonni, uno in Italia e uno in Perù, il padre Antonio.

Da buon nonno gli davo qualche vizietto, la coca-cola, il gelato, qualche regaluccio, mentre lui aveva imparato a scoprire la bottiglia nascosta per il gocciolino di liquore da mettere nel caffè al pranzo in famiglia di ogni venerdì.

Massimo

Pilar

18 gennaio 2014

Perú - Italia grazie

Rosy, la terza sorella

 Come missionari siamo vagabondi per il mondo, sentendoci a casa nostra a qualsiasi latitudine e con qualsiasi lingua e cultura. Nello stesso tempo siamo frutto di una famiglia di sangue con lineamenti stampati sui nostri volti. Più di una volta non c’è stato bisogno di presentare Rosy come mia sorella, già appariva lampante nella somiglianza. Per 15 giorni ho goduto della presenza di Rosy con il marito Vicente, dopo che nel 2008 era venuta a trovarmi  la sorella missionaria Suor Dalmazia e nel 2009 Ermanna con il marito Peppino.

Niente carnevale, solo quaresima chiamata già “Settimana santa”.

Aspetto tanti amici da Cerro Maggiore, mentre cammino veloce verso la Messa d’oro, il mio giubileo sacerdotale del 29 giugno.

Rosy e Vicente mi avevano voluto come celebrante del loro matrimonio nel lontano Mozambico in Africa nell’altrettanto lontano 1971. Hanno contraccambiato quel mio primo volo all’estero raggiungendomi in Perù. La penna passa ora nelle loro mani.

Huacho, marzo 2014

don Antonio

 

Dopo il 49 ...

Visita in Perù di Rosy e Vicente

 

E’ stato emozionante incontrarsi, dopo tante ore di volo, e tre anni, nell’aeroporto di Lima, tra tanta gente  in attesa dei propri cari.  Un abbraccio intenso, quasi incredulo, e via sulla macchina verso Huacho. Alla guida, c’è Laura, una volontaria divenuta presto nostra amica, esperta di traffico e ce n’è bisogno. Forse è l’ora del rientro, ma uscire da Lima e raggiungere la panamericana è decisamente impegnativo, anche se non vince la curiosità di vedere, fuori dal  finestrino, qualcosa della città capoluogo del Perù. Sia Laura che don Antonio lo notano e continuano a sorridere dicendo che, come primo impatto, è meglio vederla così, di notte.  Le luci della città continuano anche sulle colline intorno, creando effetto presepe. Sarà proprio questo “presepe” una delle novità di questa parte del mondo. Lo scopriremo il giorno dopo quando Antonio ci manda con Laura per accompagnarla nel suo giro negli insediamenti che spuntano ogni giorno ad occupare via via tutte le colline intorno ad Huacho. Sono tantissime, tutte casupole, alcune più antiche, riconoscibili dalla “estera ” (cannicciata) ormai scolorita, altre più nuove, alcune più vissute con qualche ornamento, raramente una pianta o un arbusto, talvolta raggruppate una vicina all’altra e circondate da un  recinto, talune in mattoni o in legno. Tutte però spuntano dalla sabbia, sono circondate dalla sabbia, tutte le colline sono di sabbia, strade comprese, Huacho stessa è costruita sulla sabbia, già qui siamo nel deserto peruviano, nella parte del Perù detto la costa, la “sierra”, le Ande, sono lontane così come è lontana la “selva “ cioè l’Amazzonia. Qui non c’è acqua se non dei rari fiumi che scorrono verso il Pacifico, e poi canalizzata, né pioggia. Se da noi c’è ancora qualcuno che non ha mai visto la neve, qui c’è moltissima gente che non sa cosa sia la pioggia. Se lasci mobili fuori in giardino, mica si rovinano, al massimo li ricopri con un panno per via del sole, né ti chiedi mai se ti servirà l’ombrello!

Il clima è sempre moderato sia nella stagione fredda, media +15°, sia nella stagione calda,  sotto i + 30°. Stupendo per noi che arriviamo dalle piogge e dal freddo di febbraio!

 

sulle colline, le luci degli insediamenti

il primo abbraccio in terra peruviana

 qui non è inverno

Un mundo nuevo tutto da scoprire

 

Di solito chi va in Perù è affascinato dalle pietre antiche, dai siti monumentali, dalle Ande. Vicente ed io non in modo particolare, anche perché i siti famosi hanno un gran difetto… sono ad altezze per me proibitive.

Avendo poi tutti e tre esperienza di impegno missionario in Africa, ci intrigava di più penetrare e capire quel mondo, l’umanità delle persone ed in questo un cicerone più speciale del nostro don non ci poteva essere.  Fin dal primo mattino ci ha portato con lui nella sua parrocchia, in cattedrale, ed il primo incontro è stato nella cappella del Santissimo dove sempre abbiamo trovato qualcuno in preghiera. La cattedrale è ampia, luminosa, impreziosita da artistiche cappelle e nicchie in legno dorato dove vengono tenute le statue, punti di forte devozione, quelle stesse statue che vengono portate in processione nella settimana santa, come spesso è raccontato da don Antonio sull’Arca di Noè. Anche in altre chiese vedremo nicchie e statue, anche diverse statue di Cristo o della Madonna nella stessa chiesa. Vicente, in una, ne ha contate ben sette solo di Cristo: ognuna di esse rappresentava un momento della passione e della resurrezione, c’è il Cristo seduto che verrà posto su un asino nella domenica delle palme, il Cristo sofferente, il Cristo risorto, come c’è la Madonna dei sette dolori, la Madonna tutta luce e biancore. Ciascuna ha il suo abito, riccamente ricamato, rinnovato ogni anno dalla confraternita.

nicchie dorate di splendida fattura

 

Al fondo della navata c’è una statua di Gesù Bambino già grandicello che ha emozionato mio marito: Gesù è in piedi e ha le braccia protese verso l’alto e lo sguardo dolce e vivo, quasi birichino sembra voglia colloquiare e dire di non badare alla severità delle statue, tanto lui regnerà, come c’è scritto sul basamento e il suo di sicuro è un regno di gioia.

Dalla cattedrale alla scuola d’italiano, un’invenzione del don stimolata dalla presenza nel tessuto sociale della città di molti discendenti di italiani. Questi giovani e giovanissimi studenti erano in missione, le “vacanze utili” come le definiscono, altri invece giocavano al pallone nel cortile.

La classe di italiano delle "vacanze utili"

E poi siamo passati nella piccola farmacia della diocesi, attrezzata anche per visite mediche. Poi negli uffici della cattedrale e sempre, come primo approccio, ci presentava: è la mia sorella più piccola, con suo marito, si sono sposati in Africa e lei ha voluto me per il matrimonio, facendo capire che in fondo eravamo noi che avevamo acceso la scintilla del suo vagabondare per il mondo, ottenendo sempre una reazione festosa e cordiale e di nuovo ci salutavano con esuberanza festosa: mucho gusto, mucho gusto. Famiglia è famiglia, sempre ed ovunque!

negli uffici del Vescovado

Vicente sostiene che persino alla sabbia diceva che ero sua sorella e i mucho gusto piovevano da tutte le parti, tutti dovevano sapere che ero sua sorella. E già era venuta la sorella missionaria Suor Dalmazia ed Ermanna con suo marito, mancavo solo io, Rosy. Un fratello così vale un Perù!

Ultima tappa della mattinata, lo “Stadio 70”: il suo fiore all’occhiello. La sua passione per il calcio e lo sport in genere, malattia di famiglia per i fratelli Colombo, ha dato origine ad uno spazio sportivo che può portare tanti giovani a usufruire di un luogo sano e stimolante, c’è un campo di calcio, uno di pallavolo, posti a sedere per il pubblico, un angolo per la brace e il ristoro. Credo ci abbia presentato ogni angolo, ogni particolare, dalla gigantografia di Paolo Bortolin, i cui familiari, in suo ricordo, hanno contribuito alle spese per l’allestimento del campo a quella della Madonna della pace a cui ha affidato la gioventù e che racchiude due elementi cari a noi fratelli: l’immagine è la foto del mosaico, regalo di nozze di nostro zio Giacomo ai nostri genitori Noè e Giuditta. Nella dedica è citato il metodo di san Giovanni Bosco a cui nostra madre era profondamente devota.

 

in omaggio a Paolo Bortolin

Nei giorni seguenti, soprattutto la prima settimana, abbiamo condiviso molti momenti della sua pastorale, il più intenso quello tra gli ammalati accompagnandolo nella sua visita settimanale ai due ospedali della città, sempre accolti con cordialità. Con lui porte aperte ovunque, sembra che abbia un passepartout tutto suo. Spesso i bambini lo rincorrevano e lui dava loro la benedizione appoggiando la sua mano sulla loro fronte e facendo un segno di croce. Quante benedizioni, immaginette, parole di interessamento e di conforto. E quanto affetto per il don.

la "nostra" Madonna della Pace

 

Non credo sia facile immergersi nel contesto del Perù. All’arrivo sembra tutto confuso, non si riesce a percepire come sia il livello di vita delle persone, se ne scopre il dinamismo, la gentilezza, la disponibilità, solo poi, man mano che il tempo passa. Colpisce la spiritualità diffusa, espressa  talora con reminiscenze spagnoleggianti, con carismi forse antichi, eppur quotidiani. Non vedevo qualcuno farsi il segno di croce, passando davanti ad una chiesa, dai tempi della mia infanzia. Nemmeno scritte religiose o richiami alla solidarietà cristiana negli uffici pubblici, nei posti di lavoro, nei negozi senza quel rispetto umano che ormai ci caratterizza.

La cappella del Santissimo in Cattedrale

la navata ampia ed armoniosa

 

La saletta per le visite e l'ecografo

il logo di Stadio 70

don Antonio con il factotum e Vicente

allo Stadio 70 con alcuni giocatori

l'angolo ristoro

 

partita di pallavolo

 

Con una degente dell'ospedale

con una ballerina di marinera

 

Avventure sulla sabbia

Abbiamo anche fatto i turisti, quasi sempre a livello del mare! Siamo stati al sito archeologico di Bandurria e così anch’io ho visto, in edizione… ridotta, molto ridotta, Machu Picchu. Una splendida passeggiata, perché, usciti dal sito, abbiamo percorso la strada costiera, sulle dune,  per poter ammirare e gustare il paesaggio delle spiagge di Huacho, avendo da una parte le dune sabbiose, dall’altra l’Oceano Pacifico, in alcuni punti la costa è frastagliata e si creano insenature in cui il mare ribolle e le onde si frantumano sulle rocce a picco creando angoli bellissimi, animati da tanti uccelli in volo , tra questi alcuni dal becco rosso. La spiaggia successiva ci regala un’emozione inaspettata. Già da lontano si intravvede un uccello di grande dimensione che si dibatte senza riuscire ad uscire dall’acqua. Ci avviciniamo ed era davvero un uccello, un pellicano peruviano in difficoltà, forse perché ancora giovane o perché esausto. Ma, no problem, c’è Vicente. Lui con gli animali ci sa fare e si avvicina, mentre il don ed io stiamo a rispettosa distanza, il becco lungo lungo non ci ispirava. Vicente riesce a togliere il pellicano dall’acqua, gli apre le ali, lo sostiene, lo accarezza, raccoglie qualche gamberetto, gli apre il becco e glielo infila. Noi guardiamo e fotografiamo. Qualcuno deve ben documentare. Quando ce ne andiamo il volatile si è ormai ripreso. Proseguiamo poi fino alla spiaggia Paradiso dove le rocce scompaiono e il lungo  litorale è sabbioso, un luogo magico ed immenso. Qui ho bagnato i piedi nell’Oceano, il terzo della nostra vita. E raccolto qualche conchiglia!

Vicente soccorre il pellicano

 

che becco lungo

Oceano Pacifico

Però alla spiaggia c’eravamo arrivati con la vettura a trazione integrale fino quasi al bagnasciuga. Quindi nessun problema a tornare sulla pista, in teoria, in pratica ci siamo insabbiati, ma Vicente risolve e, cambiando itinerario e conduzione,  riesce a riportarci sulle dune.

L’altra avventura è più complessa ci capita sulle quasi strade  degli insediamenti e qui ha giocato la scarsità di gasolio e il fatto che bastano pochi giorni perché altre case vengano costruite per cui si creano nuovi percorsi, non ancora stabilizzati. La prima volta eravamo con Laura, fisioterapista e missionaria laica, ormai esperta delle insidie, delle salite improvvise e ripide, è il suo campo di lavoro per l’assistenza a chi ha problemi di salute. Con lei abbiamo vissuto un incontro ravvicinato con una signora malata di Parkinson alle prese con la burocrazia e l’indifferenza dei familiari, in una, come chiamarla, casa, casupola stracolma di sacchi e sacchetti di rifiuti riciclabili, con il sole che passava dalla stuoia che fa da tetto, fili della luce vaganti. Tutto ciò spariva nel colloquio tra Laura e lei attenta a cogliere nelle sue parole almeno un filo di speranza per la sua situazione. Occorre dire che ne eravamo sconvolti, emozionati, commossi fin nel profondo? E della sua richiesta di pregare insieme?  Fede autentica di una donna trapiantata dalla “selva” nel deserto con il sogno di migliorare la sua vita.

Laura come fisioterapista si prende cura delle persone bisognose

in colloquio all'interno

 La seconda volta ci guida e guida don Antonio. Visitiamo la casa delle suore, mini convento, mini punto di incontro e mini farmacia. Tutto intorno case e casupole, il sole caldo a dar luce e poesia, bimbi che giocano, madri che li seguono, ci guardano e rientrano nelle loro case con il serbatoio dell’acqua, portato dall’autobomba, sul tetto. Anche da come si vestono si capisce se sono qui da poco perché indossano ancora gli abiti colorati della sierra o della selva.

Don Antonio, però, ci vuol portare su all’acquedotto (c’è, ma non funziona ancora). Da lì si avrebbe una visuale spettacolare su tutta Huacho fino all’Oceano. Il condizionale è d’obbligo. C’era appena stato, ma non aveva fatto i conti con i cambiamenti, una casupola a destra ed una sinistra e la strada diritta e spianata era sparita. Perché non andare fin lassù. Nonostante tutto e tutti, si va… , quasi quasi si arriva, manca l’ultimo tratto, ma la Toyota si impenna e dice no  e resta sospesa tra cielo e sabbia, dirupo davanti dirupo dietro, si blocca tutta ed una lucina continua a dirci che da lì non si muove. Momenti concitati, con il fiato sospeso, Vicente la riporta su un avvallamento più stabile, ora occorre trovare chi la sbocchi, e non sarà lì, servono apparecchi elettronici, non basta l’abilità meccanica, passa un moto taxi, Antonio lo prende al volo e va a chiamare un meccanico, abbiamo il tempo di ammirare il tramonto su Huacho, vedere il rientro di chi lavora, in taxi o a piedi su per quella collina tanto ripida. Dall’alto dove siamo, lo sguardo spazia, si fa scuro, sapevo che il tramonto non è così repentino come in Africa, però… finalmente spunta un taxi, è quello giusto, anche il meccanico sa che non c’è altro da fare che portarla in officina, dicono che sarà il taxi a trascinarla ad attraversare la panamericana, ma come, la Toyota non è una cinquecento,  se loro ne sono convinti, io qualche dubbio ce l’ho, data la differenza di stazza tra i due veicoli, ma il buio è in arrivo e così, tra il lusco e il brusco, rigirando a spinta e con Vicente alla guida, giù per la discesa in folle, poi una corda tra i due veicoli ed arriviamo a destinazione. Popolo determinato e capace di trovare soluzioni.

 

è arrivato il meccanico

A Bandurria, tra antiche rovine

una volta qui passava il treno per Lima

un scorcio della costa

Alla mensa: un saluto a tutti, uno per uno

 

sabbia e casupole degli insediamenti sulle colline intorno ad Huacho

 

alcune case sono più rifinite ed almeno la luce c'è

 

è ormai un bairro

 

L'esteira è spesso usata per un inizio di abitazione

 

tramonto su Huacho e, sotto, sulla baia

Sayan e Barranca

 

La settimana del don è scandita da appuntamenti, due sono conviviali, un giorno pranzano da lui i volontari italiani, fidei donum, un altro giorno i sacerdoti della cattedrale. I volontari arrivano dalle loro sedi e così da Sayan arriva don Vittorio, da Barranca i coniugi Emanuele  e Silvia che da qualche mese  sono in Perù con le loro le figlie Miriam, Chiara, e le gemelline Martina e Camilla, tutte splendide. Oggi è il compleanno di Emanuele  e Laura, che abita poco lontano, ci prepara un aperitivo peruviano, il Pisco sour, buonissimo! E Vicente cucina pesce alla griglia. L’atmosfera è di festa in famiglia e l’allegra confusione provocata dalle bimbe allarga il cuore. Nel pomeriggio li accompagniamo a Barranca dove risiedono e dove svolgono la loro missione nel contesto cittadino e parrocchiale. La cittadina sembra più ordinata di Huacho, più assestata, con case più rifinite, forse perché qui non c’è la corsa all’insediamento (non ci sono scuole superiori, né università, né ospedali) ed il mare più fruibile. Una baia  tranquilla, anche se tanti cartelli segnalano le vie di fuga in caso di tsunami. A dominare la baia c’è un Cristo Redentore che raggiungiamo ormai al tramonto ed è un panorama mozzafiato, ma dolce allo stesso tempo, i colori smorzati dal grigio del mare e del cielo.

nel patio, momento di riflessione con don Antonio, Laura, P. Vittorio e la famiglia

Vicente affaccendato con il barbecue

Un paio di giorni prima avevamo accompagnato a casa, a Sayan, P. Vittorio, coetaneo di Vicente, utilizzatore di internet e mail, vivace e spiritoso, dinamico e sempre in movimento. Sayan ha un gran pregio, l’acqua, finalmente campi coltivati, granoturco, cotone, canna da zucchero, asparagi, peperoni, pomodori e piante e fiori in città, una meraviglia sentire lo scorrere impetuoso del fiume. Il verde della natura.

 

i coniugi Emanuele  e Silvia con le loro bimbe e Carmen

Ai piedi della statua di Cristo Redentore a Barranca

sullo sfondo la spiaggia di Barranca

Le cene con le studentesse di italiano

 

Stavolta non avremo difficoltà con la lingua, mucho gusto per le presentazioni lo so dire, buena noche per il saluto pure, mundo nuevo per esprimere le mie impressioni anche, gracias lo so da sempre, con un po’ di portoghese nostro e con l’italiano imparato degli allievi non dovrebbero esserci problemi.

E così è stato, in fondo attorno ad un tavolo basta poco, la simpatia e la disponibilità di tutti fanno miracoli. Sono soprattutto discendenti di italiani, di tutte le età, di diversa provenienza sociale ed etnica, qui il melting pot, il crogiolo etnico e culturale, è la normalità, tutti sono peruviani ed orgogliosi di esserlo.

L’affetto per don Antonio  avvolge poi anche noi. Una di loro scrive su facebook nel commento alle foto: - Una bella serata di benvenuto! Con lo stesso affetto e apprezzamento che abbiamo per il padre Antonio, condividiamo momenti gradevoli e molto emozionanti con la sua agognata famiglia.

Dice tutto. Il mondo è piccolo, siamo tutti sulla stessa barca anche se non abbiamo preso una nave da Genova per trasferirci lontano dalle guerre del nostro Risorgimento o alla ricerca di nuove in cui vivere.

con gli studenti del terzo anno

con gli studenti del primo anno

con gli studenti del secondo anno

Un caratteristico paesaggio andino

 

Altra uscita, questa volta si sale, si va nella “sierra”, la meta è San Miguel de Acos un paese sui fianchi delle pre-Ande a  1576 metri sul livello del mare. La strada sale, ma è tutta asfaltata e si passa in mezzo a panorami inusitati, sempre più affascinanti, si oltrepassa il deserto e si segue con la strada il percorso del fiume Chancay  quindi ricco di verde, incrociamo anche la strada degli Incas , tra barriere alte più di 50 metri non di roccia, ma terreno compatto alluvionale e più si sale più ci si ritrova in un’eterna primavera circondati da frutteti. Ad Acos convergono i diversi rami della strada principale che collega i restanti villaggi di montagna.

si viaggia tra barriere di terreno alluvionale compatto

 

Siamo accolti da padre Rolando, originario della sierra e perciò abituato alle altezze. E’ il suo mondo e lo si sente. Ci mostra orgoglioso la sua chiesa rinnovata totalmente, bella e luminosa e ci parla dei suoi progetti di costruzione per le attività parrocchiali in accordo con il comune. E ci parla della chiesa in ristrutturazione a Lampian, su a  2.450 metri, già visitata da sr. Dalmazia. Ela strada? Bella, l’hanno appena rifatta. Guida lui. Ok, andiamo. Merita proprio, non guardiamo gli strapiombi, la strada a zig-zag; ammiriamo invece la verde vallata andina, i frutteti in fiore, il volo dei condor e i fiori, i colori del cielo,  sentiamo la frescura dell’acqua, ecco. Finalmente si arriva e subito colpisce la varietà di colori dei fregi della facciata, l’interno un tripudio di colori, gli stessi degli abiti tradizionali peruviani, netti, intensi e brillanti.

 

qui è primavera

Fuori ci godiamo lo spiazzo storico, la sede in disuso del palazzo comunale e da una elegante balaustra in legno osserviamo le case abbarbicate sui fianchi del monte, la vallata sottostante.

 

La balconata sulla valle

Sui fili della luce Vicente riconosce una piccola pianta epifita, cresciuta lì tanto non ha bisogno di radici per vivere.  Qualcuna ora è qui in casa. Chissà se riuscirà a fiorire.

 

 

l'epifita è cresciuta sui fili della luce, il seme era sicuramente negli escrementi di un uccello

lo scorrere impetuoso del fiume Chancay

l'interno della Chiesa in ristrutturazione a Lampian

A Lampian, davanti alla chiesa con signore del posto

si intravvede la strada che si inerpica...

e la profondità della valle andina

Lima e Santa Rosa da Lima

Un giorno lo abbiamo dedicato alla capitale. Turisti un po’ distratti, ma due cose non ci siamo perse: il santuario di Santa Rosa da Lima, la mia santa protettrice, con regolare getto dei nostri desideri nel suo pozzo e la chiesa dove è conservato l’originale del famoso Señor de los Milagros, rimasto intatto nonostante i terremoti ed i crolli. Sarà un caso, ma ho comperato quattro candele viola, due con l’immagine del Señor de los Milagros e due senza. Quest’ultime si sono rotte.

in attesa che si possa entrare nel Santuario di Santa Rosa da Lima

ho gettato nel pozzo il mio biglietto con le richieste a S. Rosa

controlliamo e documentiamo

 

 

Due, anzi tre cose, il negozio dell’artigianato peruviano. Gli acquisti con due uomini intorno lo sconsiglio a chiunque.

 Lima di giorno è un’altra cosa, traffico tanto, gente tantissima, begli e storici edifici in centro, ed un incredibile quantità di insediamenti ovunque ci fosse spazio su tutte le colline di sabbia intorno alla città. In molti punti sono belle esposte in vendita mini case di legno, tutte uguali, in sostituzione della estera .

vendita di casette in legno

 

Il tramonto, a Lima, però, è stato il più bello.

il sole inizia a calare sulla città

tramonto sull'oceano

 

Huaura, città all'inizio della valle andina

sulle colline di sabbia intorno a Lima

 Antica sede episcopale, Plaza das Armas a Lima

la Cattedrale di Lima

altare maggiore della Cattedrale

La Cappella, nell'atrio della Cattedrale, della famiglia del conquistador Pizzarro

dipinto originario del Señor  de los Milagros opera di uno schiavo angolano

altare del Señor  de los Milagros conservato nel Santuario delle Nazzarene a Lima

Il quotidiano

 

Ci abbiamo impiegato un po’ ad entrare nell’ottica dei trasporti urbani ad Huacho, niente bus di linea, tram o simili, solo tantissimi taxi antidiluviani o moderni, alcuni collettivi e una miriade di moto taxi, coloratissimi e sfreccianti con precisione millimetrica nel traffico caotico della città. Quest’ultimi ci incutevano un certo qual timore, poi li abbiamo provati e sono diventati il nostro mezzo d’elezione per spostarci, basta alzare lo sguardo e subito se ne ferma uno o arriva con il suo bip bip. Un soles e mezzo (1 soles sono 30 centesimi di euro), talvolta due ed arrivavi in un batter d’occhio alla cattedrale o al nuovo supermercato Plaza Vea o al mercato generale. Se si era proprio carichi o eravamo in tre, prendevamo il taxi, massimo due soles e mezzo.

i moto taxi sono più di 2000

Talvolta ad accompagnarci, c’era Carmen, un mito. Per alcune ore al giorno è la padrona di casa e vigila sul don con un affetto ed un’attenzione deliziosa. Ed accoglie tutti con un sorriso ed una disponibilità rara. E il movimento in casa del don non è poco. E’ un’oasi cordiale e familiare. Ospita ogni anno anche una decina di ragazzi degli oratori milanesi, una famiglia di volontari ha vissuto lì il tempo della nascita del loro piccolo, che ha trovato subito un nonno, così come lo hanno trovato i figli dei vari volontari.

Carmen non solo accoglie, ma vizia soprattutto i bambini che trovano sempre la strada della cucina, capaci di chiedere un po’ di pasta alle ore più impensate. No se preocupe, yo hago…!

 

notturno a Huacho

un brindisi con Carmen

Il colibrì

 

Nelle tante ore a trafficare con il pc di mio fratello nel patio davanti al suo piccolo giardino, per un attimo ho colto un frullare d’ali. Era un colibrì. Il mio movimento improvviso lo ha fatto scappare. Era attirato dai fiori di portulaca. E’ ricomparso il giorno dopo ed è stato un momento magico. Sono rimasta immobile e il colibrì sempre in volo ha succhiato il nettare dai fiori. Un bellissimo regalo, un’inaspettata sorpresa da aggiungere alle tante vissute nella nostra permanenza  in casa di don Antonio e ad Huacho.  Come l’arrivo, poche ore prima della partenza, di Maribel,  segretaria del Consiglio parrocchiale, che già conoscevo attraverso Facebook, ma che era in missione  nella selva, o l’amicizia di Laura, la volontaria italiana, o l’invito a pranzo del vescovo, mons. Antonio Santarsiero, o il caffè prodotto e tostato da Padre Carlos, o l’onore di sedermi tra le autorità dopo l’alzabandiera e assistere al ballo della marinera, o la gita in barca nella baia, o il canto dedicatoci nella mensa della parrocchia, o il lancio del pallone come madrina del torneo di pallavolo, mucho gusto, mucho gusto davvero. Grazie, don, ma va là che ti chiamo come lì, padre Antonio, nonché amico e fratello.

 Ti abbracciamo.

Rosy e Vicente

 

P.S. - Vien voglia di tornarci, vero Vicente? 

 

con il Vescovo, mons Santarsiero

sfilata delle ballerine di "marinera"

all'inaugurazione del nuovo parco giochi sulla spiaggia di Huacho

sulla strada

in barca a remi nella baia

tranquilla, ci sono io

ai remi!

con padre Carlos

la visita di Maribel Félix Rosell con sua figlia

 

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