Roma per Toma Quante parole sembrano uguali e comprensibili, tra italiano e spagnolo e quanti suoni ti sembrano identici, invece … In italiano c’è il detto: "Capire Roma per Toma", tanto è solo una lettera che cambia. Cose che capitano anche in Perù a chi è alle prime armi e crede di essere già avanti. Mi aveva chiesto aiuto padre Xavier: "Venga, c’è una coppia che deve sposarsi domani e non riesco a capire l’inglese dello sposo, viene dagli Stati Uniti". Tutto contento vado incontro a Stephen, un newyorkese di origine londinese e con quattro parole si spiana il suo volto e si possono completare in poco tempo le ultime pratiche. Contento è anche il padrino, un inglese doc, che è venuto fin qui per fare da testimone. Scatta immediatamente l’invito a concelebrare il matrimonio che potrà così essere bilingue, con la sposa Carmen proprio di qui. Quando? Domani alle "doce" mi dice il parroco. Convintissimo di aver capito bene, torno a casa a prepararmi un passo della Bibbia e un piccolo augurio da fare in inglese. Nella mia mente quel "doce" suonava semplicemente come "dos" perché la "c" si pronuncia "s". Tutto felice, con l’augurio scritto e un regalino africano pronto mi faccio portare con il moto taxi alla Cattedrale alle ore "due" del pomeriggio. Sorpresa: la Cattedrale è chiusa, nessun segno di macchine di sposi nei dintorni. Perché? Dopo qualche minuto di attesa vedo arrivare la sacrestana che mi chiede subito: "Padre, che è successo?" Non so rispondere, anzi sono io a fare la domanda: "Ma, lo sposalizio …?" "Padre, è finito, il gringo (l’americano) lo ha aspettato tanto, con rabbia quasi, fino alle 12,30!" Mi risveglio dal torpore linguistico: avevo scambiato "doce per dos", confondendo le dodici per le due del pomeriggio! Ci sono voluti giorni e giorni di ricerca per rintracciare Stephen e Carmen, partiti per la luna di miele e per la loro casa a New York. Roma per Toma! Mi hanno capito e perdonato. Auguri sposi. |
Natale tiepido Tiepido il clima a un passo dall’equatore nell’estate peruviano, ma anche "tiepido" nel cuore, non so spiegarmi bene il perché. Forse mi è mancata la maratona interessante della benedizione delle case, forse perché non c’è sta la novena di Natale con i 150 bambini che ogni mattina affollavano la chiesa per dieci minuti, forse perché la Messa di Mezzanotte era programmata per le ore 21, forse perché a Natale non si sarebbero celebrate Messe al mattino, ma una sola alla sera … Ma Lui nasce sempre, nasce dappertutto e per tutti, così che un brivido ha percorso la Cattedrale affollata quando il Vescovo ha innalzato la statuina di Gesù Bambino e il coro dei bambini è scoppiato di gioia nel canto del Gloria. Ho concelebrato, non ho fatto la tradizionale predica, raccogliendo però tutti i miei cari, amici e fedeli di 43 anni di sacerdozio in quel calice della mia Prima Messa che è stato usato in questa Nochebuena 2007. Un canto di Natale aveva nuove bellissime melodie delle montagne delle Ande, con tanti in chiesa a muoversi leggermente e gioiosamente in una danza spontanea.. Novità è stata il benedire centinaia di statuine di Gesù Bambino che poi ognuno avrebbe messo a mezzanotte nel suo presepe. Alle ore 23 tutti di corsa a casa, la festa continua con la cena e i primi botti di petardi a salutare la nascita di Gesù Bambino. Anch’io mi sono ritrovato attorno a un tavolo nella casa del Vescovo con 35 giovani seminaristi per gustare con loro la mia prima notte di Natale in Perù. Il Panettone – davvero una ricetta importata dagli italiani dei tempi "americani" di Garibaldi – ha riaperto l’onda dei ricordi. Silenzio per le strade, sonno nelle case al mattino, momento di vero pranzo natalizio con specialità della pianura padana – grazie a suore di Reggio Emilia e Parma – per arrivare alla Messa delle 18.30, la mia prima Messa in spagnolo, con tanto di predica scritta da me e corretta da due chierichetti. E’ una nascita con trepidazione nel cuore. La Cattedrale è piena, le tre porte sono spalancate, il cielo è rosso per il tramonto. Sudo predicando, ma c’è un attimo che mi resterà nella memoria. Come domanda chiedo: "Quale personaggio del Natale vorresti essere?" Guardo un momento attorno e mi accorgo che una bambina del coro è pronta a rispondermi sussurrando: "Vorrei essere Gesù Bambino!" Quel suo volto scuro, quei suoi capelli neri, quei suoi occhi brillanti di gioia serena mi aiuteranno poi a riconoscerla, è Stefania, una ragazza di 11 anni. Tutto torna normale il giorno dopo, Santo Stefano non interessa, si punta direttamente all’ultimo dell’anno per bruciare un fantoccio con dentro un foglio di carta scritto da ogni famiglia con l’elenco tutti i guai dell’anno vecchio da spazzare via. Allo scoccare della mezzanotte botti forti e potenti prima di dare il via a bere, mangiare e ballare in famiglia e con amici fino al mattino e oltre nell’anno nuovo. Personalmente ho fatto il segno della Croce alle ore 0.00, come sempre. La Festa dell’Epifania è ancora più semplice, anche per me che mi trovo alla terza predica con un pizzico di scioltezza. Quanti erano i magi, i loro nomi, i loro colori? Solo tre, adesso ce ne vorrebbero altri due, manca il Mago rosso dell’America e il Mago azzurro dell’Oceania, per completare tutti i popoli del mondo come nella croce colorata dei missionari. Il Regno di Dio non ha più confini. |
Tre incontri interessanti La famiglia si allarga dal momento che i sacerdoti sono chiamati padri e tra loro confratelli. Così vale per le religiose che sono chiamate madri e sorelle, formando tutti insieme nuovi tipi di famiglia secondo quel passo del Vangelo che dice: "Chi fa’ la volontà di Dio è per me fratello, sorella e madre" Natale in famiglia vuol dire anche Natale nella famiglia della Diocesi, attorno al Vescovo. Così oltre cento persone si sono ritrovate insieme il giorno 27 di dicembre, per condividere la gioia del Bambino Gesù nato per noi qui, con sacerdoti e suore arrivati dal mare o dalle alte montagne, ognuno con il suo regalino da scambiare allegramente con quello degli altri. Cose semplici ma carine. Una mattinata di preghiere e canti natalizi, tanti per ritrovarsi come vecchi amici e molti, come me, a presentarmi timidamente come "nuovo padre italiano, proveniente da Milano". Anche il pranzo è frutto di compartecipazione, brillando in questo gli italiani con la spaghettata o l’insalata di riso, da innaffiare con vino del Cile. Colori e accenti diversi dal mondo facevano da contorno a questo clima natalizio. Tutto fermo: è tempo di preghiera, di silenzio e di meditazione. Parrocchie e chiese affidate a suore e laici perché tutti i 33 sacerdoti della Diocesi hanno gli Esercizi Spirituali per "ricaricare le batterie e per aggiustare le proprie macchine" secondo le parole del predicatore, un sacerdote spagnolo venuto apposta dall’isola di Maiorca. Così è stato per una settimana, lontani da casa, nel silenzio di una Casa di Ritiro a 250 chilometri di distanza. Tutti lì i sacerdoti con il Vescovo, un pugno di coraggiosi per una Diocesi vasta tre volte più della Diocesi di Milano, anche se solo con 600 mila fedeli, raggruppati in sei province tra la costa del Pacifico e le vette delle Ande. Solo 33 padri di cinque nazionalità diverse, uniti dalla lingua spagnola, ma soprattutto dallo stesso sacerdozio. Nel terzo incontro c’è la sorpresa di riscoprire che cosa è la pioggia, quell’acqua che scende dal cielo e riempie la natura di verde e di speranza. Pioggia sconosciuta a Huacho, terra di deserto con sabbia finissima e tanta tanta polvere. Questa volta la "famiglia" ha radici lontane: tutti gli italiani che sono missionari in Perù. La statistica parla di 188, presenti all’incontro 48, con un Vescovo, 15 sacerdoti, 31 religiose e 11 laici, con la piccola Benedetta di 8 mesi arrivata in Perù giusto in tempo. Si fraternizza subito, particolarmente con padre Michele che ha impiegato 10 giorni ad arrivarci, usando tutti mezzi a partire dalla barca sul fiume dell’Amazzonia peruviana dove vive in totale ma sereno isolamento tra le popolazioni indigene, purtroppo meno valorizzate di qualche farfalla della riserva! Per me ha un sapore particolare per la presenza amica del Vescovo Monsignor Gaetano Galbusera, di Casatenovo, compagno di seminario nel lontanissimo 1953! Si riesce a parlare brianzolo con una decina di fratelli e sorelle. Festeggio con loro il mio primo onomastico con Sant’Antonio Abate il giorno 17 gennaio. Niente falò, niente freddo, ma il calore dell’amicizia con bottiglie di buon vino sugli otto tavoli, vino rosso argentino e vino bianco cileno.
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Nomine ufficiali In data 4 gennaio 2008 il decreto numero 2 della Diocesi Di Huacho porta la firma del Vescovo Antonio Santarsiero Rosa, con la nomina del Presbitero Antonio Colombo come Vicario Parrocchiale alla cattedrale di San Bartolomeo, con tutti gli obblighi e diritti inerenti e la delega per la celebrazione dei matrimoni. Sempre il giorno 4 gennaio 2008 viene fatta, con il decreto numero 3, la nomina come Cappellano dei due ospedali della città di Huacho, quello Regionale e quello Essalud, perché "i malati hanno bisogno di un grande sostegno spirituale per ottenere pace e serenità nei loro cuori." Un passo dopo l’altro, ricordando una frase dei Promessi Sposi: "Adelante Pedro, con juicio." don Antonio Colombo
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